di Ramananda Das

L’arte di riparare: spiritualità del cucito e memoria delle mani ✂️🌱
C’era una volta una camicia che aveva un buco. Era il bordo di una manica, logorato dal tempo. In un mondo dove tutto si butta, quella camicia sarebbe finita nell’umido. Ma Clara, 82 anni, ex sarta e attivista ambientale, la prese tra le mani e la guardò come si guarda una storia da raccontare. «Ogni cucitura è una memoria», disse. E cominciò a ricamare, non solo per coprire il danno, ma per trasformarlo.
Da questo gesto semplice — rammendare — nasce una riflessione più ampia su come le nostre mani possano essere strumenti di crescita spirituale, sostenibilità e connessione con il passato.
🧵 Riparare come pratica meditativa
Viviamo tempi frammentati, in cui la velocità spesso prevale sulla presenza. Ma cucire, ricucire, rammendare… sono gesti che impongono lentezza, attenzione e cura. Proprio come accade nella meditazione con il mantra Hare Krishna, dove ogni sillaba viene “intessuta” con il respiro, così ogni punto del filo diventa una possibilità di centratura.
Molte persone raccontano di aver riscoperto la serenità interiore attraverso lavori manuali: uncinetto, cucito, falegnameria. La ripetizione calma del gesto, l’intenzione silenziosa, l’uso consapevole del tempo: tutto questo diventa una preghiera senza parole, una forma di presenza profonda nel corpo e nell’anima.
🌍 Un piccolo atto di sostenibilità
Secondo uno studio pubblicato da Fashion Revolution Italia, il 40% dei vestiti gettati via potrebbe essere riparato facilmente. Ma non lo facciamo. Perché? Perché ci hanno insegnato che riparare è “per chi non può permettersi di comprare nuovo”. Ma questa è una bugia consumista.
Riparare è un atto rivoluzionario, una scelta etica che rispetta il lavoro, le risorse, e riduce l’impatto ambientale. In Giappone esiste il “boro”, un’antica tecnica di rammendo decorativo usata dai contadini e pescatori poveri: ogni toppa è un simbolo di resistenza e di affetto per l’oggetto usato.
📚 Il cucito nella memoria storica
Ne Il rogo di Berlino, Helga Schneider è come se descrivesse una madre che cuce in silenzio una divisa militare. Quel gesto, compiuto in un contesto drammatico, diventa simbolo della disconnessione emotiva e del potere dirompente delle ideologie. Ma lo stesso gesto, rovesciato, può diventare cura, empatia, trasformazione.
Ecco perché insegnare ai giovani a cucire non è solo trasmettere una tecnica, ma condividere una visione diversa del tempo, delle cose e del corpo.
✨ Conclusione: ago, filo e coscienza
La prossima volta che un vestito si rompe, fermati. Prendilo in mano. Ascolta cosa ha da dirti. Prendi ago e filo. Non devi essere perfetto. Non devi sapere ricamare fiori. Basta un punto. Un punto di presenza. Un punto che dice: “io ci sono, e scelgo di prendermi cura.”
In un mondo che scuce, tu puoi ricucire.
E forse, ricucendo un orlo, stai ricucendo anche un pezzo di te stesso. 🌿🧵✨
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