di Ramananda Das (Renzo Samaritani Schneider)

🌿 Il Papa, la Sinistra e l’Illusione della Riforma
C’è stato un tempo in cui sembrava che un vento diverso soffiasse sul soglio di Pietro. Era il 2013, e la fumata bianca annunciava al mondo non solo un nuovo Papa, ma un nuovo stile, un altro modo di essere guida. Jorge Mario Bergoglio, divenuto Francesco. Un nome che subito evocava povertà, semplicità, mitezza. Un nome che prometteva discontinuità.
Molti, me compreso, hanno seguito quel pontificato con uno sguardo misto di speranza e diffidenza. In Francesco si vedeva il gesto che consola, il linguaggio che unisce, la parola che scende dalla cattedra e si fa compagnia. Un Papa che parla di clima, che piange per i migranti, che accarezza le periferie.
Eppure, con il passare del tempo, quella figura si è fatta più ambigua. Mentre da una parte veniva innalzato a paladino dell’umanesimo globale, dall’altra parte — nel silenzio di molti — continuava a difendere, con garbo ma con fermezza, posizioni che restano profondamente conservatrici. Non solo teologiche, ma culturali, sociali, esistenziali.
🌑 La retorica della svolta e la sostanza della continuità
Molti si sono lasciati abbagliare dai gesti simbolici — importanti, certo — dimenticando però che una vera svolta richiede anche scelte strutturali. Francesco ha parlato spesso di “Chiesa in uscita”, di “ospedale da campo”, di “misericordia”. Ma non ha aperto davvero le porte:
- né alle donne, che restano escluse dai ministeri ordinati,
- né alle persone LGBT+, accolte come “figli amati” ma mai pienamente riconosciute nella loro identità e nei loro affetti,
- né alla revisione del celibato sacerdotale, che rimane un tabù da sfiorare con cautela,
- né alla riforma dei seminari, cuore del problema degli abusi.
Ha definito l’aborto “omicidio”, il medico “un sicario”. Ha firmato dichiarazioni con leader religiosi ultra-conservatori. Ha fatto ostruzionismo diplomatico sul DDL Zan. E tutto questo è stato troppo spesso ignorato da chi ne esaltava solo il volto umanitario.
🌀 La sinistra orfana e il riflesso condizionato
Non sorprende che, in un’epoca in cui la sinistra ha smarrito riferimenti etici e simbolici forti, una figura come Francesco sia diventata — suo malgrado — un’àncora di senso. In un mondo diviso tra cinismo tecnocratico e fanatismo identitario, il suo linguaggio compassionevole appariva balsamico. Ma è qui che nasce l’equivoco: non basta parlare di pace per essere progressisti, non basta difendere la Terra per essere rivoluzionari.
Una sinistra che si rifugia nella tonaca bianca, dimenticando la lotta per la laicità, per i diritti, per la giustizia sociale nel suo senso più pieno, rischia di confondere l’empatia con il cambiamento, la tenerezza con la trasformazione. Papa Francesco ha portato una brezza nuova. Ma non una tempesta riformatrice.
🪔 Il dovere della complessità
Non è questione di attaccare o difendere. È questione di guardare in faccia la complessità. Di non cadere nel cherry picking emotivo che esalta le parole dolci e dimentica le rigidità strutturali. Di riconoscere che anche un Papa gentile può essere il custode di un ordine antico e ingiusto.
Francesco è stato, e resta, un Papa profondamente legato alla dottrina. Un uomo che ha saputo umanizzare il papato, sì. Ma che non ha osato sovvertire le sue fondamenta. Può bastare questo a farne un simbolo di rinnovamento etico? Per alcuni sì. Per altri, me compreso, no.
🌻 Conclusione: né demonizzare né santificare
Non c’è bisogno di odiare il Papa per criticarlo. E non serve idealizzarlo per amarlo. Ciò che serve oggi è discernere. Togliere il velo della fascinazione e interrogarsi su ciò che chiediamo ai simboli. Perché ogni volta che attribuiamo a un’autorità religiosa il compito di colmare i nostri vuoti ideologici, rischiamo di abdicare al pensiero critico.
E forse, alla fine, la vera riforma non è mai quella che aspettiamo dall’alto. Ma quella che ognuno di noi può iniziare dal basso. Con coscienza. Con compassione. Con coraggio.
Om Shanti. Pace nei cuori e nella verità, senza paura.
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